Il palazzo di Monterotondo

  • Una residenza baronale della nobiltà romana in Sabina tra XVI e XIX secolo
  • Maria Temide Bergamaschi, Riccardo di Giovannandrea

  • Collana
    Saggi di Storia dell’Arte
  • Anno
    2015
  • Pagine
    416, con oltre 30 illustrazioni in b/n e a colori
  • Formato
    15,5 x 21,5 cm, brossura
  • ISBN
    978-88-98229-26-0

  • Prezzo
    40,00€ 38,00 Sconto 5%

Gli autori

Maria Temide Bergamaschi, è archivista di Stato e lavora attualmente presso l’Archivio di Stato di Roma. È esperta dei fondi archivistici delle antiche magistrature, particolarmente dei notai delle province laziali dello Stato Pontificio dei quali ha curato diversi inventari. Ha condotto ricerche anche sull’Ottocento su temi politici quali il brigantaggio borbonico nelle carte dell’Archivio di Stato di Frosinone e ha pubblicato nel 2011, Tiburis Artistica ed., Vite, ideali e politica nell’Ottocento-Filippo e Giuseppe Meucci e Massimo Trusiani di San Polo de’ Cavalieri.

Riccardo Di Giovannandrea, laureatosi nel 2007 in topografia antica presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, ha conseguito il dottorato di ricerca in storia e archivistica presso l’Università degli Studi di Siena e i diplomi di specializzazione in archivistica e paleografia latina presso la Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica. Lavora nell’ambito dei beni culturali svolgendo anche attività di ricerca. Fondatore dell’Associazione Culturale “Clarice Orsini” si è più volte occupato di Monterotondo e della famiglia Orsini curando vari studi e monografie tra cui L’Archivio notarile di Monterotondo in Sabina, Il viaggio di Pio II attraverso la Sabina e Vultui suavis aspera manui.

L’opera

La stesura dell’inventario del fondo dell’Archivio notarile di Monterotondo, conservato presso l’Archivio di Stato di Roma, ha permesso di individuare in modo imprevisto, all’interno di protocolli notarili, i due inventari dei beni del Palazzo qui pubblicati per la prima volta. Alcuni, invece, erano già noti attraverso le citazioni del fondamentale lavoro di P. N. Pagliara oppure nella trascrizione a cura del Centro Regionale di Documentazione o ancora nella parziale edizione di M. Aronberg-Lavin incentrata sulle opere d’arte. Si propongono ora nove inventari completi compresi tra il 1636 e il 1868 non privi di elementi sorprendenti come i 216 quadri che elencano. La funzione che gli oggetti dovevano ricoprire, sia pure intesi nell’accezione precisa di “bene”, doveva essere importante se ha determinato il proliferare di elenchi e istrumenti notarili che li fissano, restituendone parte del significato. Il rapporto tra l’uomo del passato e l’oggetto era più significativo di quello del contemporaneo espresso attraverso il consumo, che ne condiziona utilizzo e possesso, per cui la “dignità legale” del bene si restringe al solo oggetto di valore, mentre, nel Seicento e nei secoli successivi, gli elenchi presentano oggetti che per noi sarebbero assolutamente trascurabili. Il loro passaggio da un individuo all’altro implicava il perdurare del significato simbolico dell’appartenenza, confermata negli anni e quindi potenziata nel valore. Il senso di questa proiezione temporale si coglie nel Palazzo di Monterotondo quando certi oggetti si ritrovano nello stesso posto pur nella rovina cui sono arrivati. Le figure di coloro che li hanno posseduti sono state delineate nella loro concretezza umana e istituzionale: Orsini, Barberini, Grillo, Borromeo-Arese, fino ai Boncompagni-Ludovisi. Ne deriva un’evidenza del feudo e del Palazzo all’interno del quadro storico generale, con un rilievo a tuttotondo che li trae da quel cono d’ombra nel quale erano scivolati. Il cambiamento, che nel corso dei secoli l’edificio andrà assumendo, lo porterà da simbolo del potere baronale degli Orsini, per cui era stato edificato nel medioevo, a sede dell’amministrazione municipale. Un percorso lungo col quale ha attraversato la splendida stagione del barocco romano, come luogo privilegiato della famiglia Barberini, il XVIII secolo dei ricchi genovesi Grillo, declinando poi velocemente con i Boncompagni-Ludovisi verso un utilizzo in cui non erano più necessari gli apparati, per arrivare ad acquisire la sobrietà della piena valenza di Palazzo civico.

Sommario

Introduzione – Il Palazzo nel passaggio dagli Orsini ai Barberini tra XVI e XVII secolo – Famiglia Barberini - A dì 17 di novembre 1636. Nota et inventario della robba che stà nel Palazzo di Monte Rottondo consegnata da me Scipione Sertorio al signor Capitano Giovanni Antonio Gatti - Die undecima mensis aprilis 1648. Inventarium omnium et singulorum bonorum in Palati terre seu Castri Monti Aereti vulgo nuncupati Monte Rotondo in Sabinis - 1683. Inventario de mobili etc. esistenti nel Palazzo di Monte Rotondo dell’eccellentissimo signor prencipe di Pelestrina padrone - A di 20 Giugno 1697. Inventario delli beni mobili esistenti nel palazzo dell’illustrissimo et eccellentissimo signor prencipe di Palestrina padrone fatto in Monterotondo di ordine del detto signor prencipe con la presenza et assistenza, del signor Domenico Rigoni economo dell’illustrissimi signori Ruspoli – Famiglia Grillo - 1699. Inventario de mobili e guardaroba de Palazzo di Monte Rotondo - A dì 23 marzo 1708. Inventario novo di tutti i mobili, et altro nel Palazzo di Monte Rotondo, spettante all’eccellentissimo signore duca d. Domenico Grillo padrone – Famiglia Boncompagni-Ludovisi - 1814-1819. Descrizioni del mobilio nel palazzo ducale di Monte Rotondo - Il Palazzo attraverso le vicende risorgimentali – Bibliografia e fonti archivistiche